Da tempo avevo pensato di mettere su carta cos’è per me la corsa. Ieri, a seguito di uno scambio di messaggi con un amico, l’ho fatto. E questo è quello che ne è venuto fuori.

Ho iniziato a correre nel dicembre 2015, per il motivo più ovvio del mondo: dimagrire. Ero arrivata a 90 kg e un giorno guardandomi allo specchio, lo dico senza vergognarmi, mi sono fatta schifo.

Così, ho installato nel cellulare una app a caso che mi permettesse di avvicinarmi alla corsa senza farmi male e gradatamente. Avrebbe dovuto portarmi a fare in 8 settimane 5 km di corsa ininterrotta.

Con qualsiasi temperatura e condizioni meteo ho iniziato prima a camminare, poi a correre. A metà percorso, la app mi diceva di fare allunghi. E vabbè, facciamo anche quelli.

Alla fine, dopo circa 2 mesi, ho corso per la prima volta la rivetta del Lusenzo, felicissima come non mai. Ricordo che avevo messo la macchina davanti alla scuola, vicino al ponte di legno, e da là sono partita. Che soddisfazione enorme! Ci ero riuscita! Proprio io! L’Annalisa che faceva fatica anche a fare educazione fisica a scuola e alle medie si è iscritta alla corsa di resistenza solo per poter mangiare la cioccolata a fine gara!

Insieme ad un amico, con cui ho corso insieme un po’ di anni, ci siamo poi iscritti alla Caminà per Ciosa e Marina del 2016, e fatto i 7 km sotto una pioggia scrosciante. Col senno di poi, devo dire che i preludi per quello che mi sarebbe successo dopo c’erano tutti.

E basta, da quel momento è stato tutto un correre. La scelta più bella e sensata che avessi mai fatto.

Da qui l’iscrizione all’ASD Marathon Cavalli Marini nel 2017 è stata d’obbligo e l’aumento dei km pure, sempre con la mia andatura benessere, i 6.30, che imperterrita mantenevo.

Nei Cavalli Marini ho conosciuto tante persone, che condividevano con me la stessa passione, forse con obiettivi diversi dai miei, ma era bello fermarsi con loro e parlare di corsa. Mi sentivo capita, mi consolava il fatto di non essere pazza, perché in famiglia qualche volta mi sentivo così. D’altra parte, chi non corre, non sa cosa si perde e fatica a capire perché una madre di due bambine deve per forza partire da casa la mattina e tornare dopo un’ora o due per fare fatica. Come potevo spiegare che mi serviva anche per mantenere la mia sanità mentale?

Da lì la strada è stata tutto in salita.

Nel 2017 ho deciso di fare la mia prima mezza maratona e mi sono iscritta prima alla Maratonina dei Dogi e poi alla mezza di Padova quello stesso mese, migliorando i tempi.

Nel 2018 la grande pazzia: la Maratona di Roma, fatta con infortuni ma portata a casa in 6 ore  e mezza, mista corsa e camminata (anche qui i rimandi si sprecano). Non sarà stata un successone ma la soddisfazione è stata tanta. L’abbiamo chiamata “un magnifico disastro”.

E poi la svolta decisiva. Tentare di finire una maratona tutta di corsa. Guardo in internet e trovo Ravenna. Allora, sotto consiglio di Orietta, controllo chi è iscritto dei Cavalli Marini e lo contatto. Ma guarda un po’ chi è. Da quel momento iniziano gli allenamenti e i lunghi, aggiungo le ripetute e i medi veloci. La maggior parte dei km li faccio da sola ed alleno la testa…forse da lì ho iniziato a capire di avere la testaccia dura.

E così porto a casa anche questa, in meno di 5 ore. Tanta tanta fatica, ma Andrea e Narciso sono stati fantastici e mai mi hanno abbandonata. E’ importante fidarsi e affidarsi al gruppo, non ti delude mai. Questo è un insegnamento che non dobbiamo mai dimenticare e portare avanti sempre.

Basta, cosa devo dire di più? Il Passatore nel 2019? Ho già detto tutto e comunque nulla di quello che direi in più riesce a rendere l’idea di quello che ho provato.

L’infortunio a fine anno?

Ecco, forse l’esperienza dell’infortunio merita un discorso a parte. Durante gli allenamenti per finire la mezza maratona di Cittadella sotto le due ore, in un giorno di ripetute, torno a casa e dopo cena alzandomi sento un forte dolore. Morale della favola: strappo all’inguine che non mi ha permesso di portare a termine l’obiettivo ma mi ha costretto a mesi di stop, da cui solo il lockdown e l’obbligato riposo mi hanno salvato.

Ricordo le lacrime che ho versato quando provavo ad andare a correre con i miei amici e dal male mi dovevo fermare. Tutte le sedute dal fisioterapista. I “prova a camminare” che poi non si concretizzavano perché dopo un km dovevo tornare a casa. La ripresa, poco alla volta, camminando e correndo e la gioia quando a ottobre 2020 sono riuscita dopo un anno a correre 10 km di fila. Mi sono fermata, ho stoppato il Garmin e ho pianto, pianto e pianto ancora.

Ah ecco, la “Resia Rosolina Relay” del 2020, esperienza di condivisione fantastica, che quest’anno ripeterò.

Perché l’elemento comune è sempre e comunque il gruppo: quello che ti sprona, che ti aiuta, che si prende carico di farti un allenamento per tornare a correre, che controlla che non ti perda nel percorso poco segnato e ti chiama per darti le giuste indicazioni, che ti incita, che c’è a fine gara per urlarti che sei arrivata e “sbrigate che sé tardi!”. E’ fondamentale condividere. Crea legami che non si spezzano.

Ecco, tutto questo per me è la corsa. E lo dico con le lacrime agli occhi.

Perché correre sulla diga, la mattina presto, quando il sole sorge, dove sei tu e tu da sola, e sei felice, e ti rendi conto che non ti manca niente, e piangi. Sono emozioni che non si possono dimenticare. Oppure le risate, le barzellette raccontate mentre si corre che si capiscono dopo 10 minuti, le battute, le esperienze di gruppo, e perché no, anche le prese in giro. Arrivare al Park alle 5.55 e  aspettare gli altri, magari già stufa, anche questo contribuisce a rendere la corsa l’esperienza travolgente che è.

Perché quando finisci, che tu abbia faticato, o sbuffato, o ti sia fermata per tirare il fiato, o sia sudata, l’adrenalina che hai addosso è impagabile. Aiuta ad affrontare la giornata, a sopportare meglio le difficoltà e le rotture di palle che la vita ti mette davanti. E funziona come valvola di sfogo a fine giornata. Tutto questo, e molto altro, non lo cambierei per nulla al mondo.