Da un paio di mesi avevamo programmato una gita in bici sull’Altopiano di Asiago, con partenza da Chioggia, per questo week end. Dopo qualche uscita domenicale Romano voleva cornare il sogno di una due giorni sui pedali. L’idea mi alletta, ho preso da poco la bici da corsa pure io, un po’ di salite – anche in via della maratona di Monaco – non possono che far bene. Romano – e non sarebbe lui altrimenti – spara subito alto: 140 km il primo giorno, 180 il secondo. La cifra m’inchioda alla riflessione: mai fatti più di 70/80, non saranno troppi a 15 giorni dalla Baviera? Alla fine accetto la sfida e con me pure Leo Ranieri. Ordiniamo un piccolo porta pacchi per la bici da corsa, roba tedesca, su consiglio del nostro “guru” che già ce l’ha: “Non si possono fare quei chilometri con lo zaino in spalla”. Ma a tre giorni dalla partenza le previsioni del tempo restano funeste. Attendiamo fino a venerdì, alla fine il meteo lascia una piccola speranza solo per il sabato mattina. Romano, con la velocità di un calcolatore, rielabora subito un nuovo percorso. In auto fino a Piovene Rocchette e da lì giriamo in bici sull’Altopiano per riscendere, un centinaio di chilometri in totale. Sabato ore 7 si parte. Alle 8.30 posteggiamo e scarichiamo le bici con un  cielo plumbeo che c’aspetta della serie: “Varali qua!” E’ la mia prima salita, sono emozionato come alla prima maratona. Maglia a manica lunga, è deciso, partiamo per la Val d’Astico. Quindici chilometri in piano poi da Pedescala inizia la salita. Romano, che ha studiato tutto il percorso con la lente d’ingrandimento, avverte: “17 tornanti e siamo su”. Via decisi, non c’è un’auto (e neppure un ciclista a dire il vero) la salita è costante, le bici salgono che è un piacere, sono contento. Inizia a piovere “Varali qua!” ma siamo talmente impegnati a pedalare che quasi non ce ne accorgiamo. Ottavo tornante mi sembra di avere la ruota dietro un po’ sgonfia, Leo e Romano annuiscono ma è poca cosa. Decimo tornante la ruota è a terra. La pioggia resta leggera, vabbè cambierò la mia prima camera d’aria. Romano arriva deciso: “Lascia, faccio io”. Bello viaggiare con uno così. Appoggia gli occhiali sul muretto e con la velocità di un meccanico della Ferrari ai box in 4 minuti sistema la ruota. Si riparte. Arriviamo al 17° tornante, neppure tanto stanchi a dire il vero, solo il caldo della salita si fa sentire. Quando il piano sembrava arrivare un “Fioi stop! Mi sono dimenticato gli occhiali al 10° tornante”. Gira la bici e si getta giù per la discesa bagnata. Che faccio lo lascio solo dopo che mi ha pure cambiato la ruota? Sia mai, riscendo con lui e Leo si accoda. Così risaliamo per altri 7 tornanti finchè finalmente arriviamo a Rotzo. Inizia il diluvio, per strada non c’è anima. Ci fermiamo a una fontana, mangiamo una barretta e si riparte. Ma diluvia, diluvia fisso, e qui non c’è cenno di fermarsi. Romano pedala, pedala, pedala, noi dietro. Allora Leo prende la situazione in pugno, quando l’acqua ci entra pure nelle mutande: “Andiamo a casa mia a Gallio ad asciugarci”. Dio sia lodato. Attraversiamo Asiago, arriviamo a Gallio verso le 11.30. Entriamo in casa bagnati come pulcini, dopo 50 km. Leo tira fuori due phon, maglie asciutte e pantaloni, asciughiamo calzini e scarpe con l’aria calda, mentre Romano va prende panini, speck e formaggio. A stare a casa fermi il freddo si fa sentire: i brividi passano solo al secondo caffè caldo. Con Leo ci guardiamo e c’è un’intesa: “Senti Romano… e se andassimo in pullman a prende l’auto a Piovene?” Dieci secondi di silenzio, un bagliore di speranza. “No, no è da Romano!” Fine delle illusioni e delle discussioni. La pioggia non molla, si riparte. E qui il colpo di genio: Leo trova dei sacchetti di bossolà gelosamente conservati dalla suocera e li mettiamo ai piedi chiusi con lo scotch. Geniale. “In bici bisogna saper inventare…” è l’ultima massima che imparo da Romano prima di uscire di nuovo sotto l’acquazzone. Uscendo dalla casa però, fuori sembra quasi più caldo.  Si riparte. Pedalo rassegnato, le salite ormai sono finite, la fatica è sparita e in uno stato quasi di estasi mistica non sento più neppure l’acqua. Mi risvegliano nella discesa verso Breganze dei colpi secchi. Pum. Pum. Pum. Oddio, forse sono morto e sto rivivendo la Grande Guerra sull’Altopiano. Pum, pum, pum. Mi supera sparata un’auto da rally. Pum, pum, pum, è il rumore della marmitta al cambio di un’altra auto. Carabinieri agli incroci, gente con gli ombrelli sui tornanti, porca vacca siamo finiti nel bel mezzo di una gara. E se l”auto sbanda? Sai quanti incidenti si vedono a ste gare. Mi tengo ai bordi della discesa, prima di curvare ai tornanti guardo indietro che non arrivi uno in controsterzo. Breganze, è fatta, spalle e braccia sono rigidi dalla discesa e dalla tensione. Piove, piove sempre. Breganze, Thiene, poi finalmente arriva il cartello Piovene anche se ormai in pianura e ricaduto nello stato di estasi potevo pedalare ancora. “Beh Romano, grazie di questa gita rilassante” gli dico ridendo. E lui: “In fondo se non c’è un po’ di tensione che divertimento è?”. Mentre scrivo ora rido e ci rifletto. In effetti hai ragione Romano, alla fine mi sono divertito un sacco e non vedo l’ora di ripetere l’esperienza… magari all’asciutto. Anche se ho imparato che, piuttosto che spendere soldi in materiale tecnico, meglio  un bel paio di sacchetti di bossolà.

Gianluca

Questo slideshow richiede JavaScript.